Tortellini

Centinaia di tortellini e simboli da portare in vacanza

Qualche giorno fa camminavo a passo spedito sotto i portici di Bologna, e sul lato opposto della strada vi erano altri portici e altre persone che come me camminavano spedite verso le loro mete.

Era una mattinata lavorativa qualsiasi e la città si muoveva esattamente al ritmo di una mattinata lavorativa qualsiasi: i tram che sfrecciano, i motorini che sorpassano, le code davanti alle Poste, i manager al telefono, e tutto un gran brulicare di gente intenta nelle sue cose.

D’un tratto ho buttato lo sguardo dentro ad un negozio con la porta aperta, sul lato dove stavo camminando. In fondo a questo negozio un’anziana signora impastava tortellini di buona lena. Muoveva entrambe le mani in avanti e poi indietro, quasi ondeggiandole, sopra la pasta ancora da modellare.

Le sue mani erano bianche di farina, sorrideva e restava concentrata sul rendere ogni tortellino una meraviglia, l’estratto di pasta unico ed irripetibile che tale sarebbe stato solo per qualche istante, solo nelle sue mani, prima di venire accodato a tutti i tortellini già pronti.

Non mi sono fermato a guardare questa scena se non per l’istante in cui i miei occhi l’hanno fotografata. L’armonia di questa foto però, in mezzo a tutto quel brulicare, mi è rimasta in testa. La cuoca intenta nel suo compito era come sospesa, certamente concentratissima, evidentemente serena.

Non è certo raro imbattersi in situazioni come questa a Bologna, ma quella mattina questa scena è diventata un po’ il simbolo di una serenità operosa e concentrata, che mi ha accompagnato lungo tutta la giornata.

Ma che cos’è un simbolo?

Un simbolo è un riferimento, ma soprattutto è un qualcosa che evoca qualcos’altro: lo trovo davvero interessante.

Il verde è il simbolo della speranza, ad esempio. Le porte che si aprono sono il simbolo di nuove opportunità. Ciascuno di noi ha dei simboli personali ed è bella questa cosa che possano esistere infiniti simboli: una panchina, un oggetto particolarissimo, un suono, un cibo, un luogo.

Questo scambio tra il tangibile (il verde, le porte, …) e l’intangibile (la speranza, le opportunità, …) è forse una strada per spingere i nostri pensieri un po’ più lontano.

Già i Greci, che usavano la parola simballo per riferirsi ai simboli, avevano percepito il potenziale di questa parola che “mette in collegamento”, “sancisce un patto” e quindi “unisce”.

Tra i compiti per le vacanze, oltre al riposo, oltre ai libri, oltre ai viaggi, oltre alla festa, metterei i simboli: da rispolverare, da cercare e da custodire.

Perché sono cose che esistono, che ci aiutano ad afferrare cose che non vediamo e che ci permettono di rendere queste cose reali. In dieci parole: ci aumentano, ci rendono “di più”, ci estendono, ci migliorano.

Ci aiutano in fondo ad esaltare tutte le dimensioni dell’essere umano.

Se c’è un’attività che dobbiamo a noi stessi ogni volta che ci ritroviamo distrutti ad un passo delle ferie credo sia proprio questa: sceglierci un simbolo, salirci sopra, saltare altrove e godere di tutto quello che potremmo essere in questa o in quella dimensione, godere di tutto quello che potremmo diventare.

Esseri umani con due occhi che possono scorgere dettagli nuovi e meravigliosi ed abbracciare gli spazi come nessuna fotocamera saprebbe fare. Esseri umani con due orecchie, che possono ascoltare i suoni di un bosco, di chi ci sta davanti, il moto delle onde, la musica e il silenzio.

Esseri umani con una bocca, che può dire cose belle, delicate, divertenti, e far così stare meglio qualcuno, alleviare una fatica, stimolare una risata.

Esseri umani con due gambe che possono camminare, correre e nuotare, incrociarsi per farci poggiare il sedere su un prato, e due mani che possono sfiorare, toccare, afferrare, scrivere o disegnare.

Esseri umani con un naso capace di annusare profumi nuovi.

Esseri umani multidimensionali in una realtà che per troppi mesi abbiamo considerato sempre e solo estremamente più piccola di quello che davvero ci può offrire.


Oggi sono ripassato davanti al negozio della signora e lei non c’era più. O meglio, non era lì concentratissima a impastare nuovi tortellini. Magari era semplicemente sul retro, o forse era intenta a servire qualche cliente.

L’occhio però mi è caduto sulla vetrina, dove troneggiava un vassoio lungo chilometri pieno di centinaia di piccoli tortellini.

Ho sorriso, pensando che fossero centinaia di piccoli simboli, amabilmente confezionati, pronti all’uso e a disposizione dei passanti.

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