La reazione di Maillard per evolvere senza cambiare

Qualche sera fa, in preda ad uno slancio verso i fornelli della mia cucina, mi sono imbattuto nella reazione di Maillard. Certo, non è normale che una persona si alzi, vada in cucina, si predisponga a cucinare con pentole e mestoli e così, all’improvviso, si ritrovi a pensare a Louis Maillard, chimico francese vissuto a cavallo tra la fine del 1800 e i primi anni del ‘900.

Eppure la reazione di Maillard è una delle reazioni in assoluto più frequenti in cucina, un complesso susseguirsi di trasformazioni chimiche che cercano di combinare gli zuccheri con le proteine.

Qualche esempio per intenderci, sperando di non solleticare troppo la fame: la crosticina di colore marrone scuro che rende croccante il pane è frutto di questa reazione, così come la superficie croccante di un buon pezzo di carne dopo che è stato cotto.

In cucina non è banale godere dei benefici di questa reazione, poiché occorre conoscere e saper calibrare la temperatura e le tempistiche di cottura, la pentola da utilizzare, la quantità di zuccheri presenti nell’alimento da cuocere, la soglia oltre la quale quella che poteva essere una splendida crosticina ben cotta diventa una zona irrecuperabilmente bruciata.

Mentre cucinavo intento a sfruttare al meglio la chimica di Maillard, pensavo alle complesse reazioni che avvengono quotidianamente nelle nostre vite, professionali e non.

Ogni giorno ci dobbiamo interfacciare con “zuccheri” e “proteine”, con persone diverse per approcci e visioni, in un complesso meccanismo di combinazioni che quasi mai raggiunge un equilibrio che si mantiene nel tempo, ma che viceversa impone un lavoro continuo.

Non sempre “l’ingrediente” che ci sta davanti ha la stessa voglia di combinarsi al meglio con te. Quante volte ci troviamo a disagio davanti ad un collega che davvero non sopportiamo, o che proprio non capisce il nostro punto di vista. Quante volte chi ci sta sopra, o a fianco, sembra ignorare la fatica e l’impegno che ogni giorno sprigioniamo nel nostro lavoro quotidiano. Com’è difficile, in generale, combinarsi con gli altri, rendendosi compatibili con le loro aspettative senza soffocare le proprie.

A complicare poi le cose ci sono le innumerevoli condizioni al contorno, che rendono tutto più complesso.

Così come una reazione di Maillard straordinaria dipende dalla qualità dell’alimento scelto, dai tempi di cottura, dalla quantità di zucchero presente o aggiunto, dai condimenti, dal tipo di pentola utilizata, insomma, da un innumerevole serie di condizioni, così, per costruire una squadra, occorre pazienza, cura, impegno e una preparazione solida a gestire la complessità.

Per costruire serve trovare uno spazio dove non sia già stato costruito.

Ovvio no? Ovvio, ma non banale. Perché dove non è già stato costruito ci sono i terreni friabili, gli ostacoli, i vincoli, gli impedimenti, la sfiducia di coloro che ci hanno già provato e non ci sono riusciti.

Non è un terreno facile quello battuto dai costruttori, da chi innova, da chi butta il cuore oltre l’ostacolo come da chi ogni giorno fa la fatica di mescolarsi all’altro che gli sta davanti.

Non è mai facile lavorare per “combinazioni”, per unire e amalgamare, in un mondo in cui distruggere e separare va molto più di moda. Vale la pena provarci però, nella convinzione che il risultato di un’amalgama ha sempre più valore dell’incursione solitaria di un singolo, specie in un mondo interconesso come il nostro.

Da dove partire?

Trovo a questo punto piuttosto opportuno lo slogan che recita “cambiare il Paese per non dovere cambiare Paese”, che ho sentito declinato in “cambiare l’azienda per non dovere cambiare azienda”, e che potrebbe essere declinato a qualsiasi tipo di comunità.

L’idea di fondo è quella di considerare di cambiare ciò che ci sta attorno prima di doverci necessariamente spostare sperando nel meglio. E’ un’idea, soltanto un’idea, una delle tante strade possibili, ma vale la pena di considerarla per smettere di lasciare intentata la possibilità di migliorare un pezzettino di mondo.

Che poi più che cambiare trovo sia importante evolvere, anzi, evolvere senza cambiare, ispiràti dalla reazione di Maillard che non cambia gli ingredienti necessari, ma li fa evolvere verso qualcosa di più buono, tutti insieme, con le loro peculiarità, le loro diverse storie, le loro diverse caratteristiche, le loro diverse predisposizioni.

Amalgamarsi per evolvere insieme verso qualcosa di nuovo. Costruttori di innovazione con il coraggio di sfidare la complessità.

Questo, il mio augurio di Natale.

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