L’ora di muoversi era giunta. Messoci lo zaino in spalla, e assicuratoci di aver la palla e l’asciugamano scendemmo in spiaggia.
La spiaggia si presentava fresca davanti a noi senza alcuna particolare pretesa, contenta di ospitarci e di regalarci un’isola felice su cui stare per qualche ora.
L’aria fresca arriccciava i bordi degli ombrelloni senza dare fastidio ai bagnanti. Poche decine di metri più in la, verso l’orizzonte, il mare, che pazientemente aveva aspettato per tutti i lunghi mesi invernali prima di farsi accogliente, ed ospitare centinaia di coraggiosi nuotatori.
Un aereo attraversa il cielo azzurro e tutto sembra al suo posto.
Le preoccupazioni e gli impegni dell’agenda, lasciati sul fronte del litorale, parevano cessare di avere un senso. Di certo non ci procuravano quell’ansia da prestazione tipica delle nostre giornate. I nostri smartphone ritornano ad essere fotocamere per i nostri occhi, e lettori musicali per le nostre orecchie. I quotidiani noiosi in bianco e nero che straparlano di quello che accade nel nostro Paese e nel mondo, lasciano posto a qualche rivista di gossip che sfogliamo più volentieri, in modo da avere anche noi un argomento su cui spettegolare. E poi l’ozio, quello sempre più difficile da fare bene.
Ozio, “tempo votato al piacere dell’intelletto”. Smettere di fare qualcosa per fare posto ad altro. Filtrare i rumori esterni come pestassimo la sordina del pianoforte, per attenuare l’intensità dei suoni, per – sssh – non fare troppo rumore.
Un’esigenza di svuotarci ci pervade.
E tutto sta, così, in armonia. Quella serenità che ci fa riscoprire capaci di gesti semplici, chiacchiere semplici, sorrisi semplici. Ma essenziali.