Cinque giorni ad alta quota

Di ritorno da qualche giorno in montagna, con zaino in spalla e scarponi ai piedi, provavo a fare della mia mente un block notes, per appuntarmi qualche sensazione vissuta in quei giorni di lungo cammino.

Ho seguito per la seconda volta nella mia vita parte dell’itinerario che prende il nome di Traversata Carnica, o Sentiero della Pace, assieme a 14 chili di zaino e altri tre amici. Siamo partiti da Pierabech, località poco sopra Forni Avoltri, alla volta della prima tappa: il lago Bordaglia. Abbiamo poi attraversato il passo Giramondo, siamo stati accolti dal famoso lago Volaia e dal rifugio austriaco. Ci siamo incamminati lungo un nevaio per raggiungere una cima, per poi ridiscendere verso la malga Valentinalm, che abbiamo visto solo dopo diverse ore di cammino. Poi il Plöckenpass, la successiva cima, la casera Palgrande di sotto, quella di sopra, la casera Pramosio, un attimo in Italia e poi di nuovo dritti verso l’Austria allo Zollnersee Hutte. Una notte in rifugio, una giornata che inizia a 2000 metri con la nebbia e poi giù di nuovo, verso il rifugio Fabiani, la casera Da Nelut e infine Paularo (a cui siamo arrivati a piedi). Chilometri, non tantissimi, una sessantina, ma sufficienti a trarre degli “appunti/spunti di viaggio” interessanti.

Nell’idea che siamo in relazione con gli altri e con le cose in un’ottica del “dare e avere”, ho provato a pensare a cosa potesse avermi restituito la montagna dopo tanto sudore versato.

Naso mucca

FATICA: mi ha restituito la fatica. La montagna non si sposta di un millimetro in tuo favore. Sta là, alta 2000 metri sopra il mare e se la devi affrontare non c’è scorciatoia che tenga, non c’è via più semplice o pendenza meno ripida.

TENACIA: mi ha insegnato la tenacia. Difficilmente i sentieri di montagna sono dritti. Procedono a tornanti, in modo da distribuire la pendenza. Ogni tornante ti spinge più in su, e ad ogni tornante ti vedi più vicino alla cima e più padrone della valle sotto di te. Allora impari a non mollare e a godere di quei piccoli traguardi temporanei.

SINTONIA: se vuoi davvero goderti la montagna, devi sintonizzarti con lei. Dopo un paio di giorni di cammino immerso nella natura capisci che piano piano cominci a sintonizzarti con essa. Diventi attento alle sue trasformazioni quotidiane, attento al tempo che sta per cambiare, attento al terreno, sapendo dove è meglio posare il prossimo passo, attento ai profumi, alla vita che ti circonda.

IMPREVEDIBILITA’: ho imparato a essere pronto. In un attimo un cielo terso s’annuvola e il sole fa spazio alla grandine. E viceversa. Si impara a pensare, prevedere e ad agire. In questo rigoroso ordine.

APPAGAMENTO: sembra incredibile, ma le montagne riescono sempre a farti sentire appagato. Vuoi per un vasto panorama, vuoi per un raggio di sole che filtra nel bosco, vuoi per una vallata o una folata d’aria fresca una volta in cima. Nonostante la fatica fatta si riesce sempre a sentirsi ripagati una volta giunti alla meta.

Insieme

A queste cinque parole ne avrei da aggiungere altre, più personali, più soggettive e interpretabili. Sono sensazioni vissute, emozioni provate. Le scrivo affinché possano essere da spunto per i miei 3 lettori: silenzio, battiti del cuore, sudore che brucia gli occhi, mal di spalle, mal di schiena, aria che congela, sole che scotta, respiro che si spezza, bisogno di una pausa, fermi ma non troppo, vista incredibile, “ma ieri eravamo la dietro?”, “ora dobbiamo andare la?”, di nuovo silenzio, tepore di un fuoco, forza del gruppo, solitudine e pienezza assieme.

A tutti coloro che amano camminare, consiglio un viaggio ad alta quota.

In cima

“Qua devi pensare solo alla montagna e a te, non devi portare pesi oltre quello dello zaino e il tuo. Questo è un posto che pretende tutto […] Se questa salita, ora e adesso, non è la sola cosa che t’importa, non ce la puoi fare. Questo è un posto insaziabile, vuole tutto e spesso neanche basta. Che ci faccio in montagna? Più ci vado e più mi accorgo di essere scarso. L’aumento di esperienza mi denuncia meglio i difetti. Conoscere non m’incoraggia, anzi mi pesa. L’esperienza accresciuta misura la mia insufficienza. A valle, nelle città, le parole sono aria viziata, escono dalla bocca straparlate, non portano conseguenze. […] Quassù, in alta montagna ce le teniamo in bocca, costano energia e calore, usiamo le necessarie, e quello che diciamo poi facciamo. Quassù le parole stanno in pari con i fatti, fanno coppia.”
Erri De Luca

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